Con il passaggio della competenza del settore edilizio alle Regioni e con l’avvento dei D.I.A., le pratiche edilizie sono legittimate dalle dichiarazioni che vengono rese dai professionisti, i quali, ai sensi dell’art. 481 del codice penale, si rendono garanti dell’adempimento normativo. Pare una casualità, ma a seguito di questo passaggio si sono moltiplicate le normative del settore.
Qualche anno fa le abitabilità non venivano asseverate dai tecnici, o lo erano solo parzialmente (misure di superfici e altezze, rapporti illumino-ventilanti, destinazioni), venivano invece rilasciate dal comune che non era obbligato a far rispettare tutte le normative presenti nel campo edile. Per esempio, il parere dei Vigili del Fuoco non era elemento indispensabile per il rilascio dell’abitabilità, che a Bologna si otteneva anche se in contrasto con tali normative.
Non conosco le motivazioni che permettevano al Sindaco, o al relativo Ufficio Tecnico, di rilasciare l’abitabilità trascurando il parere in materia dei V.F.
Oggi, come allora, la stragrande maggioranza degli edifici che si trovano all’interno di un nucleo urbano esistente, sono a malapena in possesso del certificato provvisorio di prevenzione incendi, spesso scaduto e non sempre rinnovato.
Non appena la responsabilità è passata al tecnico professionista, attraverso le auto-dichiarazioni allegate alle schede tecniche di abitabilità, nonché alle Denunce di Inizio Attività (DIA) e ai Permessi Di Costruire, il requisito cogente in materia di sicurezza in caso di incendio è diventato allegato obbligatorio. Una bella ingiustizia!!!!!