Archivi autore: Andrea Savini

Sanatoria abusi edilizi minori Comune di Bologna

Provo a fare un po’ di chiarezza sugli abusi minori per quelle che sono le mie conoscenze, allegando i riferimenti che ho trovato.

In tutti i casi in cui si compie un abuso edilizio che rientra nella manutenzione straordinaria e non si viene colti in flagranza di reato durante l’esecuzione dell’opera, o nei 5 anni successivi, si può applicare l’art.100 comma 6 del RUE che riporto di seguito.

  6. Abusi minori. Qualora siano trascorsi 10 anni dalla loro ultimazione gli interventi edilizi abusivi che non abbiano comportato aumento di superficie utile, alterazione della sagoma planivolumetrica o nuova costruzione, si ritengono sanati a tutti gli effetti amministrativi, e non si procede pertanto all’applicazione delle relative sanzioni.
Il termine di prescrizione delle opere riconducibili alla manutenzione straordinaria, abusivamente eseguite, è di anni 5. L’esistenza dei presupposti per la prescrizione potrà essere comprovata con atto sostitutivo di notorietà, per le opere di manutenzione straordinaria e con documentazione probatoria per gli altri casi.

Le parole “si ritengono sanati a tutti gli effetti amministrativi” generano da tempo una interpretazione dubbia, che permette ai colleghi meno ligi alle normative di sentirsi sereni nel consigliare di non procedere in nessun tipo di presentazione di pratica edilizia, si essa DIA in sanatoria o altro. Le parole  successive “e non si procede pertanto all’applicazione delle relative sanzioni” rafforzano ulteriormente questo concetto. Per l’utente medio, me compreso, le DIA, i P.d C. sono titoli amministrativi. Utilizzando parole estremamente semplici si potrebbe pertanto tradurre questa frase in questa maniera: – tranquillo! Non devi presentami nessun DIA a sanatoria, tanto più che non ti faccio nemmeno la multa. –

Per i tecnici che mettono mano ad un appartamento per eseguire una progettazione ed incorrono in una difformità rispetto alla situazione licenziata, il problema è semplice e risolvibile: si sana con la stessa pratica DIA. Le proprietà che non sanno di avere una difformità dal titolo continuano a non saperlo, mentre quelle che sanno di avere fatto un abuso continuano a rimanere in silenzio.

Il grosso problema oggi è mettere in relazione la frase riportata nell’art. 100 con le dichiarazioni che sono obbligati a fare i venditori in termini di conformità “catastale ed edile” durante le compravendite, le quali, se dovessero risultare mendaci, renderebbero nullo l’atto. Molti sono i notai che stipulano con riferimento all’art. 100 e non saprei dire se questo è giusto o sbagliato.

Lo stesso Comune di Bologna, probabilmente a seguito di alcune domande ricevute, ha riportato nel sito le sottostanti spiegazioni, trovate alla pagina “faq-domande e risposte”, che purtroppo però non hanno una gran valenza legale:

Come posso oggi sanare un abuso edilizio?

L’articolo 100 comma 6 del RUE permette di sanare, a tutti gli effetti amministrativi e senza applicazione delle relative sanzioni, alcuni abusi edilizi di minore importanza; questo è possibile solo a condizione che tali interventi non abbiano comportato aumento di superficie utile, alterazione della sagoma planivolumetrica o nuova costruzione; la prescrizione ha efficacia qualora siano trascorsi dieci anni dall’ultimazione degli interventi edilizi abusivi; il termine di prescrizione è fissato i cinque anni per le opere abusivamente eseguite riconducibili alla manutenzione straordinaria.
L’esistenza dei presupposti per l’applicazione di questa prescrizione deve essere dimostrata con specifica documentazione; può essere fatta valere, per la
Manutenzione Straordinaria , mediante un atto sostitutivo di atto notorio, nel quale vengono descritti gli abusi edilizi, viene riportata la dichiarazione del proprietario attestante l’epoca di realizzazione degli abusi; l’atto notorio non può essere presentato come documento a sè stante, ma deve essere allegato ad una pratica edilizia (es. DIA), presentata da un tecnico incaricato dal proprietario dell’oggetto immobiliare, al fine di eseguire un intervento edilizio e di sanare contestualmente la situazione abusiva; la DIA sarà valutata in back-office per verificare se i detti abusi rientrino nella fattispecie contemplata dall’art. 100 comma 6 del RUE.

Utilizzando nuovamente parole estremamente semplici si potrebbe pertanto tradurre questa frase in questa maniera: – è sanato l’abuso se mi dichiari che è fatto prima di una certa data, la data può essere dichiarata solo con atto sostitutivo di notorietà che recepisco solo attraverso pratica edile in sanatoria (es. DIA), quindi …..l’abuso si sana solo con DIA in sanatoria.

Questo è quello che io so da sempre e che ho imparato nelle varie discussioni avute con i tecnici dipendenti del comune di Bologna. Non so se le interpretazioni possano essere altre.

Il problema maggiore che può generare questo dubbioso articolo 100 può essere causato dal richiamo dello stesso negli atti di compravendita. Infatti, gli abusi si considerano sanati se si presenta la DIA a sanatoria (o altro) e non in virtù dell’art. 100 del RUE che immagino abbia parecchie normative sovraordinate. In più, uno dei requisiti che autorizza la sanatoria, è che i tipi di abusi facciano parte di categorie e tipologie specifiche che in genere ne il venditore ne il notaio sono in grado di riconoscere. Consiglio pertanto di eseguire sempre la DIA a sanatoria o, in alternativa, consiglio di farsi rilasciare relazione firmata da tecnico competente che attesti la “sanabilità” degli abusi presenti nell’immobile. Questa strategia potrebbe però risultare inutile visto il continuo cambio di normative alle quali siamo sottoposti. Non si può essere certi di sanare domani quello che si può sanare oggi. Meglio sanarlo quando è il momento.

 Ho chiesto chiarimenti in merito alla commissione urbanistica del Collegio dei Geometri di Bologna, la quale indicativamente sostiene che si debba fare la DIA a sanatoria.

come ottenere firma digitale

Il consiglio nazionale dei geometri ha stipulato per i propri iscritti una convenzione con ARUBA per avere il “pacchetto firma digitale” ad un buon prezzo. Ho cercato alternative ma al momento non ne ho trovate a costi minori. Purtroppo per arrivare al risultato ci sono moduli e pagamenti da fare che finiscono per farti perdere mezza giornata. Inoltre è OBBLIGATORIO avere anche la posta certificata GEOPEC. Chi ne ha un’altra non credo che riesca ad accedere a questa convenzione. Tra poche settimane sembra che sarà impossibile realizzare le comodissime operazioni, che siamo ormai abituati a fare dal computer di casa, se non si sarà in possesso di questa nuova firma digitale certificata e quindi se non si è in possesso delle posta certificata. Personalmente ho un po’ il terrore di tutte queste procedure informatiche, soprattutto visto l’uso discontinuo e la frequenza con la quale ho perso dati ed e-mail causa virus e incapacità di utilizzo.

Benchè la convenzione l’abbia fatta il Consiglio, per arrivare alla richiesta della firma digitale, si deve accedere al portale della Cassa di previdenza dei geometri. http://www.cassageometri.it/ inserire matricola e pasword (le stesse che si utilizzano ogni anno per il mod. 17), poi entrare nella zona dedicata …..e avere un po’ di pazienza.

aggiornamento del 10 marzo 2011

in realtà in seguito mi è stato segnalato questo sito che mette a disposizioni servizi simili a prezzi più alti per la firma digitale ma competitivi per la pec: http://www.gestionidoc.it/

spese e indennità a percentuale sugli onorari

Di seguito l’articolo che permette di applicare una percentuale sugli onorari a percentuale di cui alle norme delle tariffe professionali dei geometri

estratto da Ministero di grazia e giustizia
D.M. 25-3-1966
Modifica della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 marzo 1966, n. 79.

ART 4.  Il professionista, per i lavori da liquidarsi a percentuale, ha facoltà di essere compensato a norma degli artt. 21, 22, 23, 25 della tariffa indicata nel precedente art. 1, ovvero di conglobare tutti i compensi accessori di cui agli articoli indicati, nonché gli eventuali compensi a vacazione di cui all’art. 31 della stessa tariffa ed all’art. 1, terzo comma, del presente decreto, in una cifra che non potrà superare il 60% degli onorari a percentuale.

In caso di disaccordo con il committente, la percentuale di tale “conglobamento” sarà determinata dal Consiglio del Collegio, sempre però entro il predetto limite massimo.

La vedo male

Purtroppo finirà male, ne sono sempre più convinto. La crisi è in atto, si comincia a sentire pesantemente. Ciò nonostante, pare che gli enti, di qualsiasi tipo o natura politica, si divertano a fare leggi impossibili da rispettare e che, nella realtà, finiscono per rendere esponenziale il costo della realizzazione dell’opera edile.

Gli studi professionali devono tentare di portare a casa il pane, finiscono quindi per promettere alla committenza cose impossibili da realizzare e firmano asseverazioni di rispondenza alle norme praticamente false.

Sono sempre più convinto che gli archivi comunali siano pieni di D.I.A. basati su dichiarazioni false o quantomeno forzose.

Ricordo che in occasione dell’ultimo condono di Berlusconi (che praticamente non serviva a niente visto che era più o meno una sanatoria), alcuni professionisti di Bologna inviarono ai loro clienti lettere per informarli che non si sarebbero resi disponibili per fare pratiche di condono. Posizione in parte corretta visto che i condoni premiano notoriamente che fa “male” e non di certo chi rispetta le regole. Dopo un po’di anni e dopo la promulgazione di un’infinità di norme impossibili da rispettare, mi piacerebbe avere tempo e denaro per andare a visionare tutte le loro Denuncie d’Inizio Attività (e sia chiaro che non sarebbe un reato – la legge lo consente) …se ne vedrebbero delle belle. Potrei smascherare un’infinità di malefatte.

Dovesse uscire un altro condono? …chissà cosa farebbero a ‘sto giro questi integerrimi professionisti?

Purtroppo siamo in un periodo storico normativo che è molto lontano dalla realtà ma, nessun collega, pare abbia la forza o la voglia di affermarlo con forza.

PEC posta elettronica certificata

Un altro obbligo …come se non ne avessimo già abbastanza. Nella confusione delle informazioni che si susseguono in questi giorni su questo argomento, di certo c’è solo una cosa: ci potranno sempre dire che non potevamo non sapere.

Perchè non formiamo un bel comitato contro la PEC obbligatoria? … mi sa tanto che gli ordini non abbiano ben capito che la maggior parte dei professionisti preferirebbe non averla.

Ai conduttori del programma REPORT

Gentilissima Sig.ra Milena Gabanelli ed Egr. Sig. Bernardo Iovene,

nel farvi i complimenti per la trasmissione e per la possibilità che offrite ai cittadini di avere un’informazione che, benché “di parte”, possa aiutare a giudicare aspetti del vivere comune, mi permetto di dissentire riguardo ad alcuni degli argomenti trattati nella puntata “le vie del mattone” trasmessa domenica 11 ottobre 2009.

Nonostante sia un geometra libero professionista di Bologna, che opera da oltre quindici anni, il servizio mi è risultato poco chiaro, tra promesse del Ministro Matteoli, dissesti idrogeologici, quartieri abusivi con relative richieste di medaglie, regolamenti di Comuni esteri; tutte nozioni non approfondite nel dettaglio e più in generale denari che, al solito, dovrebbero uscire dalle tasche dei cittadini per rimediare a problematiche di un sistema logoro che troppo spesso rimane impunito.

Dimenticavo di citare i pannelli solari che, benché rappresentino una discreta soluzione per la diminuzione della CO2, troppo spesso vengono “inseriti” in molti vostri servizi, come se fossero reclamizzati e non solo consigliati. Conosco bene i colleghi del Collegio dei Geometri intervistati, ritengo di avere una discreta conoscenza delle normative e dei regolamenti vigenti a Bologna citati in parte nel servizio, ed è proprio su questo che mi permetto di dissentire. Vi hanno illustrato elenchi di problematiche riguardanti aspetti di comportamento del Comune di Bologna, delle relative pratiche, dei regolamenti e dei requisiti cogenti, materie sulle quali lo stesso Comune di Bologna e la Regione Emilia Romagna hanno pieno potere legiferante ma, l’idea che si evince alla fine del servizio è che, come al solito, è tutta colpa del Governo il quale, a detta vostra, non avrebbe proceduto alla semplificazione per decreto nei 10 giorni successivi all’accordo Stato-Regioni.

Mi dispiace contraddire il senso assoluto del vostro servizio, ma quanto da voi rappresentato non corrisponde alla realtà.

Moltissime sono le semplificazioni che sia il Comune di Bologna che la Regione Emilia Romagna, potrebbero fare in materia edilizia per agevolare “la gente” che vive principalmente gli immobili esistenti, ma nonostante abbiano il potere di farlo e detengano l’ampia maggioranza, non si sono mai impegnati in tal senso. Anzi, il Regolamento del Comune di Bologna (RUE) da poco approvato ha ristretto ulteriormente, se possibile, i campi d’azione della progettazione.

Giusto per correttezza mi permetto inoltre di farvi osservare che, entrambi gli Enti citati, sono politicamente di sinistra.

Gentilissima Sig.ra Gabanelli, come può essere certa nell’affermare che un decreto non ancora uscito, i cui contenuti solo pochi intimi conoscono, possa semplificare all’utente finale un mare di burocrazia presente, voluta e radicata? Perché non lo diffonde e ne illustra i contenuti anche a noi tecnici? Concordo invece sul fatto che probabilmente, il decreto, permetterebbe a Regioni e Comuni di avere qualche spesa in meno o qualche soldo in più da usare diversamente.

Avrebbe potuto domandare: ma la miglioria dello standard abitativo, certificata dal professionista nelle pratiche edilizie e perseguita dai “prestanti” regolamenti, più o meno direttamente, porta denaro alle casse comunali? …e tante altre.

Moltissime sono le norme che regolano l’edilizia, molte ci adeguano a standard europei, altre migliorano semplicemente il vivere civile in società e tra queste, tantissime sono state più o meno direttamente condivise anche nei vostri servizi. La cosa che però non si sa è che, nella pratica, spesso si contraddicono tra loro, diventando così teoricamente inapplicabili.

Convinto della mia opinione e della mia conoscenza, mi chiedo se devo credere ciecamente ai servizi visti in questi anni, o debba tentare di integrarli immaginando le domande che avete omesso e/o le risposte che sono state tagliate. Continuerò a seguirvi con piacere, ma meno speranzoso che una trasmissione come la vostra possa contribuire a cambiare l’Italia.

Grazie. Distinti saluti.

Geom. Andrea Savini

Burocrazia esasperante

Diciamoci la verità, stiamo esagerando! Io lo so che più carte ci sono da compilare e più lavoro c’è per quell’ammasso di professionisti che, come me, hanno la necessità di tirare a campare, ma ora stiamo esagerando. Norme in continuo cambiamento, in ogni settore, che all’insegna dell’ “adeguiamoci all’Europa” escono e si modificano nel giro di poco tempo, senza dare la possibilità, a noi professionisti, di “digerirle” ne di contribuire a renderle veramente efficaci. 

Non appena siamo in grado di fare qualche osservazione, o siamo nella necessità di chiedere qualche chiarimento per esperienza diretta, il riferimento normativo è già cambiato. Poche persone in grado di dare risposte, nessun legislatore che si prende la responsabilità di fornirci chiarimenti e così rimangono, negli archivi comunali, pratiche sbagliate interamente asseverate dai professionisti, vere e proprie bombe pronte ad esplodere. Basta infatti, una committenza esasperata o in crisi, un avvocato e un tecnico di parte minimamente capace (come me), per annullare la maggior parte delle D.I.A. e dei Permessi di Costruire depositati nei comuni. Sono “cattiverie” che diventeranno di uso comune nei prossimi anni, visto il poco margine di guadagno e l’assoluto desiderio di non pagare che si avverte nel settore.

Una bella ingiustizia!

Con il passaggio della competenza del settore edilizio alle Regioni e con l’avvento dei D.I.A., le pratiche edilizie sono legittimate dalle dichiarazioni che vengono rese dai professionisti, i quali, ai sensi dell’art. 481 del codice penale, si rendono garanti dell’adempimento normativo. Pare una casualità, ma a seguito di questo passaggio si sono moltiplicate le normative del settore.

 Qualche anno fa le abitabilità non venivano asseverate dai tecnici, o lo erano solo parzialmente (misure di superfici e altezze, rapporti illumino-ventilanti, destinazioni), venivano invece rilasciate dal comune che non era obbligato a far rispettare tutte le normative presenti nel campo edile. Per esempio, il parere dei Vigili del Fuoco non era elemento indispensabile per il rilascio dell’abitabilità, che a Bologna si otteneva anche se in contrasto con tali normative. 

Non conosco le motivazioni che permettevano al Sindaco, o al relativo Ufficio Tecnico, di rilasciare l’abitabilità trascurando il parere in materia dei V.F.

Oggi, come allora, la stragrande maggioranza degli edifici che si trovano all’interno di un nucleo urbano esistente, sono a malapena in possesso del certificato provvisorio di prevenzione incendi, spesso scaduto e non sempre rinnovato.

 Non appena la responsabilità è passata al tecnico professionista, attraverso le auto-dichiarazioni allegate alle schede tecniche di abitabilità, nonché alle Denunce di Inizio Attività (DIA) e ai Permessi Di Costruire, il requisito cogente in materia di sicurezza in caso di incendio è diventato allegato obbligatorio. Una bella ingiustizia!!!!!

La linea salvavita sui tetti dei condomini non è obbligatoria ma solo consigliata

 

E’ il solito problema della mal informazione al fine della vendita. E’ chiaro che se si monta non è sbagliato, ma inevitabilmente diventa un problema di costi. L’esigenza nasce per permettere ai manutentori e fornitori di piccoli lavoretti, come l’antennista o il muratore che accede al tetto per riparare il coppo che perde, di lavorare in sicurezza secondo i giusti dettami di legge e per deresponsabilizzare la proprietà, il condominio e l’amministratore a seconda dei casi.

La linea salvavita, di fatto, è una fune di acciaio collegata a due torrette metalliche, alla quale l’artigiano dovrebbe attaccarsi con moschettone e imbragatura per poter lavorare in sicurezza ma, mentre la struttura è certificata (occorre verificare che alla fine del lavoro di installazione venga rilasciata la certificazione), non sempre chi esegue la manutenzione è in possesso di idonei ausili, o non sempre li utilizza. La considerazione, benché banale, ritengo sia lecita, proprio perché, nel malaugurato caso in cui capiti una disgrazia, non si viene automaticamente “scagionati” se il manutentore non ha usato i propri ausili di sicurezza.

Se è vero che la struttura è senz’altro certificata (non so per quanti anni o a seguito di quali manutenzioni), non sono sicuro che si possa certificarne e garantirne l’installazione, la quale varia in maniera sostanziale a seconda del metodo di realizzo o  dal tipo di struttura portante alla quale si fissa, sia essa tetto in legno o in laterizio.

Comunque si decida, si deve tenere presente che per montare la linea salvavita, occorre farlo in sicurezza e, mancando fino a quel momento la linea stessa, quest’ultima va installata con il ponteggio o con il cestello idraulico di un carro gru. Pertanto consiglio di farlo solo nel caso in cui si stia rifacendo il coperto, per accorpare le spese d’installazione, ricordandosi di controllare a fine lavori che il tetto non perda. Inoltre, per esprimere un giudizio personale, a me non piace e mi fa specie che possa coesistere con i tanti vincoli e classificazioni estetiche degli edifici storici.

Chissà se qualche collega ingegnere si fosse mai messo a divulgare in rete il metodo e l’eventuale schema di calcolo per realizzare analoga struttura in tasselli metallici tradizionali!

Inoltre, la linea salvavita e la relativa fune metallica vanno scaricate a terra? E possono aggravare le necessità di un eventuale parafulmine?

perchè non torniamo alle vecchie 4 rate?

Qualche anno fa, in occasione del passaggio all’euro, vennero modificate le rate relative ai pagamenti dei contributi alla Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti.

Precedentemente una banca locale, se ricordo bene la Cassa di Risparmio di Bologna, gestiva la riscossione di tutti i contributi, (soggettivo, integrativo ecc.) distribuendoli nell’anno, in 4 rate di cadenza costanti. Poi, non si è più passati al vecchio sistema, oltre ad aver cambiato banca. 

Facendo attenzione in particolare al contributo soggettivo minimo obbligatorio, per intenderci quello che pagano i giovani, dopo il 3° anno d’iscrizione, o chi guadagna poco, noto che viene riscosso in due rate di 1000 € l’una con scadenza rispettivamente il 31/05 e il 31/07. In sostanza in 2 mesi paghi 2000 € …poi parti per le vacanze se te ne rimangono.

aggiornamento del 18 maggio 2011

ho ricevuto in questi giorni una lettera dalla cassa geometri con la quale vengo informato che si è tornati alle “vecchie” 4 rate.    …..mi piace pensare di essere stato ascoltato. Grazie